Tutti abbiamo presente in noi il ricordo di un incontro con Alberto Burri o con Giulio Turcato; molti – salvo i più giovani – quello di Giorgio de Chirico o di Giacomo Manzù. E dunque vedere le foto, o la loro viva immagine in un filmato provoca, con la nostalgia, il piacere di sensazioni riattivate.
Tutt’altro sarà però il valore di questi documenti, tra un certo numero di anni, per chi questi artisti non avrà avuto occasione di conoscere. Essi, e in particolare i filmati, saranno una straordinaria fonte di conoscenza, certamente più ricca d’informazione di qualsiasi pagina di critica. (Benché sia auspicabile che anche per l’arte del nostro tempo subentri quell’oggi trascurato criterio metodologico che è già in uso da sempre per l’arte del passato, ovvero di valutare, insieme all’opera, i giudizi che al suo nascere furono emessi, riuscendo così a recuperare il quadro di un “gusto”, il clima di un’epoca). Se molti, comunque, sono stati e sono i critici, certamente minore, tra gli appassionati d’arte, è il numero di coloro che si sono preoccupati della documentazione; e a livello di riprese filmiche o televisive, il numero si restringe a tal punto che sarebbe difficile estendere il computo oltre le dita di una mano.
Soltanto uno è stato poi, nel nostro paese, il benemerito che abbia operato con sistematica continuità in questo campo: Franco Simongini.
Questo perché la nostra gioconda TV non ha mai incoraggiato – e tanto meno incoraggia attualmente – una produzione del genere. E sappiamo che persino i filmati su avvenimenti di attualità come le mostre sono negletti da gestori o manipolatori di canali pubblici e privati e, quando con fatica sono realizzati, li si confina in ore notturne.
Simongini, tenace nella sua solo apparente remissività, si è saputo muovere abilmente tra questi limiti ed ha quasi miracolosamente prodotto una serie di documentari che resteranno, appunto, la testimonianza più eloquente sugli artisti degli ultimi decenni.
Chi l’ha conosciuto, ha conosciuto la sua serietà e preparazione anche di critico; il suo amore per l’arte e la sua spontanea capacità di essere amico; la sua squisita e bonaria qualità di sentimenti, la sua disponibilità e la sua sapiente, preziosa umiltà. Dico preziosa perché questa umiltà avrebbe probabilmente ceduto alla tentazione di sovrapporre il marchio “creativo” del regista alla parlante verità della documentazione, né sarebbe stato capace di provocare altrettanta sincerità negli intervistati con le sue domande semplici, essenziali, quasi sempre “fuori campo”.
Ebbi il piacere di collaborare con un testo a quello che può considerarsi il suo capolavoro, il film su de Chirico: riuscì persino – impresa poetica e meravigliosa – a riportarlo in Grecia, a farlo parlare davanti al Partenone. Senza questa felice iniziativa di Simongini, non avremmo nessun’altra immagine “viva” di un pittore che, se non è il numero uno di questo secolo, di certo non è secondo ad altri, checché ne pensino i suoi ottusi e tristi denigratori.
Proverbiale era poi il riserbo di Burri, a cui qualcuno è riuscito a strappare solo in ultimo una di quelle interviste tendenziose, che cedono al gusto di provocare con scaltre domande risposte che non rispecchiamo il pensiero dell’artista ma che possono alimentare il pettegolezzo.
Esattamente l’opposto di quel che ha fatto per Burri Franco Simongini, come per gli altri, preoccupato soltanto di dar vita a immagini di verità, di far emergere il sostanziale, e cioè soprattutto il modo di lavorare di un artista e la sua visione del mondo.
Autentico “testimone” del nostro tempo, Simongini ci ha lasciati troppo presto, così da dover rimpiangere quanto ancora avrebbe potuto fare; ma avendo comunque realizzato una tale mole di lavoro, da poter dire che questo omaggio non ne rispecchia che una piccola, insufficiente parte; e altre rassegne saranno auspicabili e necessarie. Per ricordare chi ha sempre pensato a tramandare l’altrui memoria.
Maurizio Calvesi
Roma, 1995