La documentazione dell’arte contemporanea non è fatta solo di fotografie e fonti scritte: è un’affermazione evidente, dalla quale però non sono state tratte, in Italia, tutte le conseguenze che sarebbe stato lecito attendersi. Fatichiamo ancora a inserire nelle bibliografie la citazione di documenti che non siano libri o carte d’archivio. Per questo è ancora poco sfruttata, fra le altre, la miniera di informazioni costituita dalle trasmissioni televisive che dell’arte e degli artisti contemporanei si sono occupate molto anche da noi. Eppure sono documenti che hanno tutti i crismi dell’attendibilità: ne conosciamo la data, fino al giorno e all’ora, nonché tutta la serie degli autori, e quando, si tratta di interviste, il livello di corrispondenza fra le parole effettivamente pronunciate e quelle riportate è, pur facendo la tara di tagli e ricomposizioni, comunque molto superiore a quello garantito dalla carta stampata. Per l’arte contemporanea diventa una fonte anche il documentario d’arte, che spesso stentiamo a considerare tale perché non è informazione flagrante, immediata come il reportage. I suoi limiti apparenti, ossia il grado di artificio che è inevitabile quando l’informazione deve essere ‘messa in scena’ e il necessario adattamento al livello di comprensione dell’utenza media, sono piuttosto caratteristiche che ne definiscono il particolare genere, quello di una forma ‘nobile’ di divulgazione particolarmente adatta al medium televisivo e da guardare in una luce diversa, oggi che tanto parliamo della comunicazione culturale e dei suoi codici linguistici.
Queste premesse ci aiutano a inquadrare meglio la nutrita serie di documentari che il critico e giornalista Franco Simongini, realizzò per la RAI, in più serie, fra il 1969 e il 1991. E’ un corpus impressionante per qualità e quantità, che si distingue da altri programmi analoghi perché dedicato quasi esclusivamente all’arte contemporanea e con un taglio monografico. La Galleria nazionale d’arte moderna ne ripropone un’antologia collegata ad alcuni dei protagonisti del Novecento italiano rappresentati nelle sue collezioni. Sono stati scelti per la presentazione al pubblico 15 documentari di durata variabile che appartengono a tipologie diverse: interviste, documentari-dibattito con conduttore in studio, ritratti che prendono spunto da mostre antologiche, molte delle quali organizzate nel nostro museo, e la serie forse più originale, quella che cerca di documentare come nasce un’opera d’arte. Nella selezione che sarà proiettata dal 19 febbraio al 19 marzo 2006 e della quale qui pubblichiamo la schedatura, prevale numericamente il gruppo dedicato a Giorgio de Chirico, l’artista del quale si è più occupato Simongini nel suo lavoro televisivo, ma la carrellata è ampia: Burri, Melotti, Afro, Marino Marini, Manzù, Guttuso, Turcato, Corpora, Pascali, Dorazio. Accanto agli artisti compaiono i critici, i collezionisti, e in genere quel mondo intellettuale che il giornalista coinvolge per ampliare la gamma dei commenti. Autore, intervistatore e non di rado anche regista, Simongini riserva a se stesso nei filmati – come lui stesso ha scritto – “una presenza defilata, schiva, appena accennata”. Ma è una presenza che garantisce sempre il rigore e la qualità dell’informazione, rendendo la fonte autorevole e affidabile, ma anche la spettacolarità che nel documentario d’arte come nella mostra non può essere sottovalutata. E’ infatti l’ingrediente che attira e mantiene l’attenzione del pubblico, anche quello di oggi al quale è destinata questa iniziativa, divenuta possibile grazie alla disponibilità della RAI e alla passione del figlio di Simongini, Gabriele, anche lui critico e giornalista.
Roma, 2006
Maria Vittoria Marini Clarelli
già Soprintendente alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea